È una bellissima giornata di metà settembre, quando grazie all’iniziativa di Monica, io e Roberto ci ritroviamo seduti sul treno che da Trieste ci porterà a Venezia per incontrare gli Ammici del Veneto.
Non sarei certo potuta mancare ad un incontro così piacevole, in una delle città più belle e uniche al mondo, tra l’altro non troppo distante da dove vivo.
Saliamo sul treno. Non ci sento dall’orecchio destro ma il mio olfatto è ancora buono. Percepisco subito quell’inconfondibile odore di “macchina vecchia e olio motore” misto a un, oserei chiamarlo tanfo, tipico di un luogo dove viaggiano molte persone e l’aria che gira è solo quella “finta” che esce dai bocchettoni posti sul soffitto.
La mia mente ritorna agli anni delle superiori, quando il treno mi portava a Gorizia il lunedì e mi riaccompagnava a casa il sabato…
Ci sediamo uno di fianco all’altra, perché nessuno di noi due adora viaggiare in senso contrario alla marcia. Mi sento così emozionata, come fossi una bambina alla prima gita scolastica.
Da quando sono malata di Menny, una delle cose che mi fanno stare meglio sono gli incontri con gli Ammici, lo scambio di idee, di esperienze, di qualche lacrima liberatoria, ma anche di tanti sorrisi silenziosi e abbracci lunghi.
Monica ci ha invitati a Venezia non per il solito giro in battello, che forse non tutti noi avremmo retto bene, o per dare da mangiare ai colombi in piazza San Marco; la giornata a Venezia è organizzata per andare alla scoperta dei famosissimi Bacari… Della serie “se magna e se beve” (alla faccia di Menny).
Ora se qualcuno di voi starà già chiedendosi cosa sono i bacari, ve lo spiego subito.
I Bacari veneziani (pronuncia bàcari) sono delle tipiche osterie (trattorie) dove si trovano vari tipi di vini in calice (onbre) e stuzzichini, tipo tartine, detti “cichéti”.
Questi locali sono molto piccoli ma davvero accoglienti. Di solito hanno un banco/vetrina dove viene esposto tutto l’assortimento dei cichéti; sono disposti lungo le vie più, ma anche meno, conosciute della città lagunare. Spesso hanno qualche tavolino sia all’interno che all’esterno, dove ci si può sedere in compagnia e godere di un attimo di pausa.
Sono le 11.30 quando il nostro treno si ferma a Santa Lucia, stazione ferroviaria posta a due passi dal mare. Scendono anche Sandro e la moglie che abitano a Monfalcone ed erano sul nostro stesso treno, ma ahimè essendo davvero affollato, non ci ha permesso di vederci prima.
Monica, che indossa orgogliosa l’inconfondibile maglietta della nostra splendida associazione con le parole di Cristicchi, ci sta aspettando nel grande atrio illuminato da un sole davvero regalato, visto il brutto tempo dei giorni precedenti. D’altra parte, penso, noi menierici portiamo il sole ovunque!
Con lei c’è anche Antonio, suo marito, ormai diventato per me e Roberto un grande amico, sempre presente per aiutare i volontari nel loro lavoro di volontariato.
Non mancano gli abbracci.
Piano piano arrivano anche gli altri: Fiorella, Duska, Lara, Monica, Carmen e Stefania con il marito e la loro splendida bimba.
Io sono così felice che non sto nella pelle. Scatta la prima foto di rito davanti alla stazione, sui gradini affollati.
Venezia è sempre così piena di gente che cammina ovunque con il naso all’insù, la macchina fotografica o il cellulare pronto ad immortalare la tanta bellezza che regna ovunque.
Il mare, le gondole, i battelli, i taxi motoscafo, i palazzi, le chiese… e tutte quelle viuzze strette (calli) che si diramano per tutto il centro. Piccoli ponticelli che collegano una riva all’altra e abitazioni che hanno i portoni affacciati sui canali e le pareti ricche di finestre caratterizzate dallo stile unico e inconfondibile che le contraddistingue.
Mi chiedo come sarebbe vivere qui… ma poi mi sento così stretta nel camminare lungo queste vie affollate come il giorno del mercato nel mio paese e spesso sento dietro di me gente che borbotta e sbuffa chiedendo cortesemente il permesso per poter passare, che sono certa non mi troverei a mio agio a fare ogni giorno file per salire sui traghetti o a gomitate in mezzo ai turisti.
Venezia è straordinaria, ma non per viverci penso tra me e me.
Ma torniamo a noi. È quasi mezzogiorno e mezza e iniziamo ad aver fame. Siamo lì per mangiare quindi che il nostro tour per bacari abbia inizio.
Monica e Antonio non sono affatto impreparati, quindi ci guidano diretti verso il primo bacaro.
Devo dire che Venezia ha sempre il suo fascino e anche se cammino chiacchierando con gli altri non posso non notare peculiarità uniche di questa città.
Tra l’altro Duska qui ci lavora e si sa orientare molto bene e Carmen ci abita, quindi non mancano neppure le scorciatoie in piccoli luoghi incantati fuori dalle classiche mete turistiche e spiegazioni che nemmeno sulle guide più particolarizzate si troverebbero.
Così, per la prima volta, mi ritrovo a gironzolare nel quartiere ebraico, sobrio e silenzioso, curato in ogni angolo, con una bella piazza nascosta tra alti edifici che nel centro ospita un albero. C’è una piccola stanza a ridosso della piazza con le porte aperte e qualche bicicletta posteggiata fuori. Non riesco a non notare un bel gruppo di persone che stanno gustando insieme un bel pranzetto. È sabato e per loro è il giorno di festa. Bellissima questa immagine di condivisione che rimane impressa nella mia mente.
Attraversiamo un piccolo ponte molto antico, in parte ristretto causa dei lavori di ristrutturazione e ben presto ci ritroviamo nel nostro primo bacaro.
È un piccolo localino con quattro tavoli all’interno e due fuori; sono fatti in legno e contornati da panche, c’è anche qualche sgabello. Sulla sinistra noto subito un bel banco con esposti una ventina di cichéti diversi. Mamma mia penso quanto debbano essere buoni! Ce n’è per tutti i gusti, quelli con le verdure, quelli con gli affettati, quelli con il baccalà o le sarde fatti in diversi modi.
Ci sediamo un po’ divisi perché lo spazio è davvero poco. Antonio si occupa di ordinare e nel giro di cinque minuti mi ritrovo davanti un bel piatto misto di stuzzichini davvero deliziosi. Ad accompagnarli “un’onbra”, ovvero un buon calice di vino.
Ma è solo l’inizio del nostro tour enogastronomico. Nel corso della giornata ci fermiamo in altri 3 bacari, assaggiando pure i fritti (polpette, mozzarelle in carrozza, fiori di zucca ecc.) e i formaggi. Chi se ne importa se per un po’ non stiamo attenti alla linea o al sale e se ci concediamo qualche brindisi tra “onbre e spritz”!
Siamo in compagnia e le risate non mancano. Ci sono anche delle confidenze tra persone che non si conoscevano ma a cui è bastato uno sguardo per comprendersi ed emozionarsi.
Durante il nostro cammino, ci ritroviamo a visitare un’antica libreria. I libri sono ovunque e pure i cartelli di “attenzione acqua alta”. Due piccole corti stracolme di libri e giornali con un piccolo tavolino contornano la zona centrale che ospita una barca anch’essa ricolma di illustrazioni. Siamo a un passo da uno dei tanti canali e guardando gli scaffali da alcune angolazioni, i libri sembrano galleggiare. Davvero un posto magico!
Non manchiamo di visitare l’ospedale di Santi Giovanni e Paolo. Struttura architettonica di elevato impatto; davvero da rimanere incantati sia per la sua bellezza esterna che per quella interna. Chi direbbe mai che questo è un ospedale ed è ancora in uso. Sembra di entrare in un museo. Le solite indicazioni invece di essere su tabelle di plastica sono scritte su targhe di legno. All’interno c’è un cortile contornato da archi con delle bellissime piante ornamentali e qualche gatto che dorme all’ombra di grandi vasi. Le barche-ambulanze arrivano direttamente all’interno dell’edificio lungo un canale che oltrepassa il palazzo da un lato all’altro. Rimango un attimo a riflettere su come potrebbe essere per noi menierici, durante una crisi di quelle toste, farci caricare su una barca per portarci all’ospedale… meglio non pensarci.
Fa molto caldo ma nelle strette calli c’è ombra e gira pure l’aria. Si sta così bene che verrebbe voglia di piantare un’amaca e farsi un bel pisolino.
Siamo sazi e pure felici. Senza accorgercene abbiamo camminato per un bel po’ di chilometri, ma a noi camminare all’aria aperta fa bene.
Arriviamo in piazza San Marco, perché se sei a Venezia non puoi almeno passarci vicino. C’è così tanta gente che si riesce appena a scorgere il campanile nella parte alta. Girando lo sguardo a sinistra si intravedono le gondole pronte a salpare per un giro lungo il Canal Grande. Non mancano le bancarelle che vendono souvenir di ogni genere.
La stanchezza inizia a farsi sentire. Qualcuno decide di tornare indietro con il vaporetto e gli altri proseguono il loro cammino a piedi in direzione della stazione dei treni.
La giornata sta per concludersi. C’è chi è venuto in auto, chi in pullman quindi iniziano i primi saluti. Duska sale sul pullman mentre Monica e Antonio si incamminano verso il posteggio.
Io e Roberto, insieme a Fiorella, Lara, Monica, Sandro e la moglie proseguiamo per la stazione. I nostri treni sono in partenza.
Ancora qualche abbraccio. È stata una giornata davvero unica in una città superlativa.
Una bella carica per non arrendersi mai a Menny.
Alla prossima.
Lisa
Bellissimo racconto e stupenda iniziativa!
Bravi tutti e grazie Annalisa
Che bella giornata! Hai fatto sentire l’atmosfera della compagnia, viene voglia di incontrarsi, chissà se la prossima volta riesco a partecipare magari con altri AMMIci bolognesi, grazie❤️
Mi hai fatto rivivere quella giornata, Annalisa.
Brava!
Che bello questo racconto di una giornta di svago. Ogni tanto ci vuole per dimenticare i pensieri!