Rivolgo un pensiero commosso alle povere anime che, a causa della covid, sono state risucchiate dal Gorgo Insondabile
Un piede davanti all’altro.
Un piede un po’ discosto di lato rispetto all’altro -meglio- così il baricentro trova uno spazio più ampio.
Sarà sufficiente tutta questa oculatezza?
Il passo: né troppo lungo né troppo corto.
Il giusto.
Già. Il passo giusto. Trovarlo.
Qui c’è un’improvvisa onda alta, là una buca imprevedibile.
Incespico.
Credo di trovare l’appoggio in un determinato punto e invece arriva prima.
Bum. Che botta sotto il tallone.
Eppure so per certo che l’asfalto della pista pedonale è liscio come una tavola.
L’Adige, il mio fiume eterno, come possono esserlo gli elementi di natura rispetto agli esseri umani, scorre con i suoi gorghi sparsi qua e là, temuti e ipnotici, simili ai nostri.
La pista pedonale lungo il fiume è davvero liscia come una tavola.
Vi passeggio, grata.
Alcuni alberi la costeggiano, mostrando foglie che hanno la pagina superiore scura e quella inferiore chiara. Il vento le fa oscillare come ventagli. I momenti bui si alternano alle schiarite.
L’Adige fluisce con i suoi mulinelli.
Li guardo con cautela.
Tante volte li ho visti dentro agli occhi chiusi oppure aperti, senza trovare scampo, differenza, tregua.
Ma si può stare benino, sì.
Relegare i vortici nell’acqua del fiume.
State là più che potete.
Rimanete là.
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