Riesco a sovrapporre la ruota anteriore sulla linea bianca.
Il ciglio erboso è appena più in là, forse a nemmeno 30 centimetri.
Il margine è risicato.
Eppure siamo in Veneto: dovrebbe esserci maggiore considerazione per i ciclisti.
E poi si apre l’ampio fossato, profondo e pieno d’acqua, poco rassicurante.
Ci gettano di tutto, sul fondo, e affiorano lunghe alghe che appaiono prensili.
Be’, un po’ di brivido non guasta.
Tra i campi la strada che percorro è asfaltata perché collega il mio paese, popoloso, ad un altro davvero piccolo.
Mi sento in pace.
Al liceo le lezioni sono terminate.
Si spalancano 3 mesi di vacanza prima di affrontare il nuovo anno scolastico con l’imperativo dello studio intenso, chiusa in casa e la nebbia fitta fuori dalla finestra.
Adesso c’è il sole abbagliante e la luce fino a tardi, così gioiosa.
Pedalo dritta dritta.
Mi domando come i miei coetanei maschi, tutti orgogliosi, siano in grado di andare in bicicletta a lungo e in asse tenendo le braccia conserte.
Così azzardo a staccare le mani per qualche secondo, mantenendole peraltro vicinissime al manubrio.
Vittoria! Ce la faccio.
È un tentativo surrogato rispetto ai campioni, comunque soddisfacente per me.
Ho corso qualche pericolo, è vero.
Ma è memorabile l’equilibrio dei 15 anni.
Monica Mantovani
Grazie Monica, bellissimo il racconto che ci hai regalato … bellissimi i 15 anni ?
complimenti bellissimo racconto. Grazie
Monica, il tuo stile è inconfondibile e giunge immediato nel profondo dell’anima