Gli animali sono affidabili, molti sono pieni di amore, sinceri negli affetti, prevedibili nelle loro azioni, riconoscenti e leali. Tutti standard difficili da trovare nelle persone
(A. A. Montapert)
Ho sempre avuto un debole per gli animali, fin da quando ero bambina ed entravo nel pollaio della mia babysitter in campagna per recuperare le uova della giornata. Ho passato infanzia e adolescenza chiedendo, anzi supplicando mio padre di prendere un cane e nel frattempo, di fronte ai suoi costanti NO! mi accontentavo di tutto quello che poteva essere gestibile in un appartamento di città.
All’inizio ci furono due tartarughe da terra che tenevamo nel nostro giardino. Scendevo tutti i giorni a portar loro foglie di lattuga, pomodori e altre verdure che mi dava mia mamma. Gli volevo molto bene e ricordo che aspettavo con ansia il momento in cui, in primavera, si risvegliavano dal letargo e tornavano a farmi compagnia nei pomeriggi in giardino.
In seguito ci furono un paio di pesci rossi, una tartarughina d’acqua, un criceto di nome Ernesto ed infine, dopo anni e anni finalmente si realizzò il mio grande sogno di avere un cane.
I miei genitori erano andati finalmente in pensione ed era arrivato il momento tanto atteso! Fu così che arrivò nella nostra vita una bellissima cucciola di Boxer di nome Kyra.
È rimasta con noi per 12 anni e quando se n’è andata, il suo impatto sulla nostra vita è stato così forte che me la sono tatuata sul braccio per averla sempre con me.
Capirete quindi bene che la presenza di animali nella mia vita sia a dir poco fondamentale. Credo davvero che siano un aiuto immenso nell’affrontare i momenti belli ma soprattutto brutti della vita. Il loro amore puro e incondizionato è il miglior antidepressivo che possa esserci, specialmente nei momenti in cui la malattia si riaffaccia nella mia vita. Loro mi strappano sempre un sorriso e riescono a calmarmi quando mi sento persa.
Quindi perché non dedicare loro un articolo della rubrica “parliamone”?
Nessun esperto per questa volta, solo noi e loro nell’affrontare la malattia.
Una semplice domanda e le vostre risposte… spero vi piaccia!
Quale animale hai e quanto ti aiuta nell’affrontare la malattia?
Vincenzo: “Grazie alla tua domanda ho fatto un viaggio a ritroso nel tempo e mi sono reso conto che ho percorso almeno 38 anni della mia vita avendo al mio fianco un cane (per qualche anno due). Sono stati anni di amore incondizionato offertomi senza chiedere nulla in cambio.
Attualmente (oltre alla gatta Ester molto indipendente e un pochino strega) vive con noi una bellissima cagnolina, Amanda, già grandicella e sorda, adottata in un canile molto tempo fa, quando aveva poco più di un anno e una vita fatta di abusi e violenze indicibili.
Io e Amanda ci capiamo a gesti e cenni. Quando non sto bene, lei se ne accorge, si affaccia sulla porta della camera e mi osserva silenziosa, diventa tutta occhi, profondi e comprensivi. Vuole rassicurarmi che lei c’è con tutto il suo amore e il suo esempio di sopportazione dei dolori e della paura.
Un’altra cosa che racconto volentieri (non è direttamente collegata alla malattia) è che un altro cagnolone, un boxer di nome Attila, che ho avuto con me per 10 anni di reciproca passione intensa e divertente, nel periodo più buio della mia vita, capiva i momenti in cui ero più devastato; come per incanto trovavo la sua testa sotto la mia mano se ero in piedi o poggiata sulla mia gamba se ero seduto.
Di solito ero io a dirgli prendi il tuo guinzaglio e andiamo a spasso. In quel periodo invece era lui a indicarmi chiaramente il guinzaglio e la porta; mi portava a spasso lui, stranamente quieto e attento accanto a me, per farmi distrarre e pensare ad altro.
Attila è stato molto più di un cane, è stato un compagno di vita perfetto! “
Laura: “Io ho una cagnolina, una bichon frise’, ha un carattere particolarmente dolce e affettuoso e la sua vicinanza ha un effetto molto positivo su di me: mi è sempre accanto, sembra che controlli come sto, e nelle giornate no si accoccola sulla mia pancia trasmettendomi tanto affetto e dedizione.
Ci sono numerosi studi sugli effetti positivi da un punto di vista psicologico della vicinanza di un cane, sembra riduca il rischio di ansia e depressione, che come ben sai possono essere conseguenze della Sindrome di Menière”
Annalisa: “Ho 2 gatti. Pinky e Giò, diminutivo di giovedì, il giorno in cui la mia migliore amica lo ha raccolto all’interno di un bidone delle immondizie; era così piccolo che non si capiva ancora il sesso. Ma Giò sarebbe andato bene anche se fosse stata una femminuccia (Giorgia). È il maschio di casa. Colui che ha sempre protetto me e mia figlia, nel senso che la sua sensibilità è umana. Lui sente quando io non sto bene e anche se è in soggiorno e io vado a stendermi lui arriva e si aggomitola vicino a me. Uguale con mia figlia.
Pinky, la piccolina (in realtà l’ho presa in gattile, non è mai cresciuta troppo perché da piccolissima ha sofferto molto la fame). Lei è dolce, molto, ma quando sto male non noto atteggiamento diversi. Se ne sta per le Sue comunque.
Giò è il mio secondo figlio. Gli ho dato il latte con il biberon per un bel po’. Credo si sia sempre sentito salvato da me e mi identifica come una mamma. E che poi non si dica che i gatti non hanno la sensibilità dei cani… non è così!
In conclusione sento Giò molto vicino a me. E quando ho avuto delle crisi forti, anche se spesso non me ne rendevo conto subito, lui si è sempre messo al mio fianco, quasi a volermi far sentire il suo calore e io suo affetto, a volermi dire “ci sono io vicino a te”. Materialmente non può fare nulla, ma mi conforta averlo lì vicino. Mi trasmette tranquillità e il bello di non sentirmi sola.”
Mimi
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